Agropontino

Il Lazio si è formato solo dopo il 1860, riunendo la Sabina che faceva parte dell’area culturale Abruzzese, il Viterbese e le province di Frosinone e Latina. Molti di questi comuni appartenevano al Regno di Napoli ed avevano pochi rapporti con lo Stato Pontificio. La pianura pontina, comprendendo gran parte del territorio che dal litorale romano arriva fino a Terracina, era una terra desolata, ricoperta da paludi malariche e stagni; l’aria malsana rendeva problematica la vita sul territorio che era, non a caso, abitato, solo per un ottavo della sua superficie (ossia in quella fascia che coincide con i Monti Lepini). Il mare, molto pescoso da Anzio al Circeo, richiamava i pescatori del vicino Regno di Napoli, i quali, durante l’inverno, si avventuravano a pescare anche nelle paludi ricche di anguille e capitoni. Vari furono i tentativi, nel corso dei secoli, di prosciugare le paludi e di strappare alle acque terreni fertili: dagli antichi Romani, passando per il pontificato di Sisto V nel XVI sec. fino al 1930 in cui il problema fu in gran parte risolto. Per lunghi secoli il territorio pontino rimase regno incontrastato della cacciagione di palude, sia stanziale che migratoria, cosicché qualche piatto di questo genere è presente nella gastronomia locale. Le campagne ai piedi dei Lepini erano molto fertili, e ai terreni coltivati si alternavano pascoli dove si allevavano le bufale. Nelle pianure si coltivava essenzialmente grano, canapa e vite, ed e’ documentata la coltivazione del mais alla fine del 1600. Oggi le fattorie producono grano, legumi, canapa, avena, orzo, fave ma anche verdure, latticini, salumi e aceto.

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